mercoledì 22 febbraio 2012

PARLIAMO DELLA MAFIA DEI CARBURANTI: LA CUPOLA TRA STATO E PETROLIERI.

Senza le tasse la benzina costerebbe poco più dell'acqua minerale. Conti alla mano. Ma guai a dirlo a chi, negli ultimi giorni, ha dovuto macinare chilometri in autostrada e ha pagato quasi 2 euro al litro. Peggio che dal gioielliere, insomma. Eppure su cinquanta euro di benzina meno di 1,50 vanno a finire nelle tasche dei benzinai. Da sempre il carburante è il bancomat dello Stato: quando non sanno dove prendere i soldi, applicano nuove tasse alla benzina. Dalla guerra in Etiopia al fondo per lo spettacolo, sono una miriade le accise sui carburanti che servono a finanziare ricostruzioni e missioni di pace: la guerra in Etiopia (iniziata nel 1935 e finita nel 1947 con la perdita di tutte le colonie da parte dell’Italia); la crisi di Suez, il disastro del Vajont, l’alluvione di Firenze, il terremoto del Belice, terremoto in Friuli, terremoto in Irpinia, missione in Libano, la missione in Bosnia. E poi, ancora 0,020 cent vanno al rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri, 0,05 cent per l’acquisto di autobus ecologici e nel 2011 sono stati introdotti contributi per foraggiare il fondo unico dello spettacolo, l’emergenza immigrati dovuta alla crisi libica e per le alluvioni di Liguria e Toscana. Con tutte questi balzelli, nonostante il prezzo del barile scenda alla pompa, esso rimane sempre uguale. Balzelli pagati per non ricevere niente in cambio se non disservizi e corruzione.
SCANDALOSO, PERO’, E’ QUELLO CHE NON SI DICE: LE COMPAGNIE PETROLIFERE EVADONO ACCISE ED IVA.
I petrolieri calcolano e pagano allo Stato l’accise e l’iva in riferimento al peso in kg ed alla densità del carburante misurati alla temperatura di 15 gradi. Questi petrolieri, poi, vendono lo stesso prodotto in litri e con volume maggiore, così come risulta con le alte temperature. Di fatto, le raffinerie evadono le tasse per il prodotto in più venduto ed intascano quanto di tasse gli automobilisti hanno pagato alla pompa.
Mancate entrate per lo Stato di circa 50 milioni di euro all’anno. Si tratta di soldi che le compagnie petrolifere non versano al fisco grazie ad un metodo di calcolo “discutibile” del numero di litri di carburanti, destinati alla vendita, caricati su una singola autobotte”. Lo denuncia la senatrice Adriana Poli Bortone, presidente di Io Sud, in una dettagliata interrogazione rivolta al ministro dell’Economia e a quello delle Attività produttive. Ai ministri si chiede “se intendano intervenire per recuperare le somme evase o eluse”. “Per quantificare il numero di litri caricati su una singola autobotte destinata alla vendita, - si legge nell’interrogazione - le dogane (di stanza all'interno dei punti di carico) pesano l'autobotte al netto e quindi dividono il peso netto per il valore di densità rilevato alla temperatura convenzionale di 15 gradi. In questo modo il numero di litri sui quali si pagano le tasse risulta inferiore a quello reale”. Per questo la senatrice chiede ai ministri se non sarebbe opportuno “procedere con la densità ambiente, rilevata dalla Guardia di Finanza ad inizio di giornata, assicurando così al bilancio dello Stato introiti che fino ad ora sembrerebbero illecitamente sottratti. Questo problema e quello delle differenze di gradazioni di densità, pare essere presente in tutta Italia e sarebbe utile quindi indagare in tal senso a Taranto, ma anche a Porto Marghera e nelle raffinerie e/o depositi dei porti di Genova e Livorno e comunque in tutti gli altri porti italiani.”
Autorizzati alla pubblicazione. Il contatto è pubblico ed amicale. Se disturbo rispondi “Cancella”.
Presidente Dr Antonio Giangrande – ASSOCIAZIONE CONTRO TUTTE LE MAFIE ONLUS
099.9708396 – 328.9163996
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Il processo delle incompatibilità.

Il processo delle incompatibilità.
Il dr Antonio Giangrande, avetranese doc, scrittore, autore del libro sul delitto di Sarah Scazzi, e presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, senza intenti diffamatori si chiede e chiede agli avvocati in causa ed a tutta la stampa: come è possibile che a presiedere la Corte d'Assise di Taranto per il processo di Sarah Scazzi, in violazione al principio della terzietà ed imparzialità del giudice, sia il giudice Cesarina Trunfio, ex sostituto procuratore di Taranto, già sottoposta del Procuratore Capo di Taranto Franco Sebastio e collega dell’aggiunto Pietro Argentino e del sostituto Mariano Buccoliero. Ex colleghi facenti parte del collegio che sostiene l'accusa nel medesimo processo sul delitto di Sarah Scazzi dalla Trunfio presieduto? Qualsiasi decisione finale sarà presa, sarà sempre adombrata dal dubbio che essa sia stata influenzata dalla colleganza funzionale e territoriale. Ma questo non basta. Sotto i riflettori delle tv presso la Corte d’Assise di Taranto arriva Mariangela Spagnoletti accompagnata dall’immancabile legale, (difensore di che? Se il teste non ha bisogno di difesa e/o rappresentanza legale!! Mah!!), spesso citato a sproposito ed inopportunamente dai giornalisti, come avvocato di Mariangela ed altri testimoni del processo sul delitto di Sarah Scazzi. Enzo Tarantino, assistente legale di Mariangela Spagnoletti è componente della Giunta dell’Amministrazione di Avetrana: Assessore al Bilancio, Finanze, Tributi, Marketing territoriale, personale. Non è diffamatorio puntualizzare che ci possa essere un lieve difetto di incompatibilità (stranamente non rilevato da chicchessia) tra chi assiste una testimone dell’accusa (la cui attività forense non è necessaria) e chi rappresenta gli interessi di chi si è costituito parte civile nel medesimo processo come il Comune di Avetrana. Quel Comune di Avetrana che tanto ha lasciato a desiderare proprio in riferimento al Marketing territoriale, tanto che il paese è conosciuto come covo di omertosi retrogradi. A tal proposito c’è da sottolineare che siamo già ad un numero elevato di testimoni e decine ancora verranno a testimoniare. Tutto questo alla faccia di chi, in malafede, ignoranza e pregiudizio, ha voluto far credere che Avetrana fosse un paese covo di omertosi.
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lunedì 20 febbraio 2012

A proposito di cedolare secca e di affitti in nero.

A proposito di cedolare secca e di affitti in nero.
Qui si riporta una situazione, sollevata dalle vittime al dr Antonio Giangrande, autore della collana editoriale "L'Italia del trucco, l'Italia che siamo" e presidente della "Associazione Contro Tutte le Mafie". Storia esemplare quanto si voglia, ma palesemente ingiusta per chi sente sulla propria pelle le sferzate dell'ingiustizia.
Siamo a Bologna, una città famosa per l’università e per attirare tantissimi studenti da ogni parte dell’Italia e del mondo. Famosa anche per la fortissima evasione fiscale sugli affitti a nero degli appartamenti per noi studenti! Il gioco è semplice: il padrone di casa stabilisce un rapporto di fiducia con un tramite, una persona che ha il compito di incassare i canoni all’interno dell’appartamento. Di solito l’incaricato o paga regolarmente come gli altri ragazzi, oppure ha delle facilitazioni... e il gioco è fatto.
La nuova cedolare secca (D. Lgs. 23/2011) è una legge che cerca di mettere fine a situazioni del genere! Finalmente l’inquilino a nero può autonomamente recarsi all’Agenzia delle Entrate e stipulare un normale contratto 4+4 anni, senza il consenso del proprietario evasore. Il premio per la regolarizzazione è la diminuzione dell’affitto fino al 90%!! Si tratta di una legge che prende in considerazione la difficoltà di dimostrare il pagamento a nero, schierandosi dalla parte del più debole. Il Comune di Bologna è in prima linea in questa campagna anti-evasione e noi siamo tra i primi, se non i primi, ad aver agito in tal senso.
Siamo 5 studenti che, applicato la cedolare secca, siamo stati prontamente denunciati dalla proprietaria di casa. Quest’ultima ha sporto una querela per appropriazione indebita d’immobile verso ignoti, qualificandoci come “sconosciuti abusivi”. Siamo andati in causa forti del nostro diritto ma il Giudice con provvedimento immediato ha brutalmente ordinato il rilascio dell’appartamento (nel giro di "massimo una settimana"!). Quindi senza tenere in considerazione l’evasione fiscale che si protraeva dal 2008, senza considerare il nostro nuovo contratto regolare, senza considerare i bonifici di pagamento al tramite, il giudice si è basato esclusivamente sulla mancanza di prove di pagamento diretto tra noi e la proprietaria. Ma il canone in nero è illegale e non rintracciabile per definizione. La cedolare secca (Art. 3) è stata creata apposta per questo.
Di nuovo, chi è a pagare le conseguenze? Naturalmente i più deboli!! Insomma, siamo stati denunciati da un evasore fiscale per aver portato alla luce il suo illecito, ma ci ritroviamo ad essere puniti per questo. In questi tempi, in cui l’evasione fiscale è al centro del dibattito pubblico e politico, in cui la crisi economica mette in difficoltà le famiglie che devono mantenere un figlio fuori sede nella speranza di un futuro migliore, in cui la lotta all’evasione si è riaffermata come dovere morale di noi cittadini prima di tutto, chiediamo il vostro sostegno per far luce su questa vicenda ingiusta: non deve rimanere taciuta! Diffondete!
Una perfetta storia italiana: nell’atto giudiziario, la proprietaria afferma di aver ceduto gratuitamente un grande appartamento in pieno centro a Bologna al figlio di un amico del suo agente immobiliare (sic), stante l’impossibilità a vendere a causa della stagnazione del mercato in quel periodo (la famosissima crisi immobiliare bolognese del 2008....ora ridete pure!), e non ci sarebbero stati pagamenti di canone.
Questa è la vicenda nei dettagli: Noi 5 studenti fuori sede ci ritroviamo a subentrare nella stessa casa in periodi diversi. Venuti a conoscenza delle “particolari” quanto ambigue modalità di pagamento ci rivolgiamo ad un’associazione che si occupa di promuovere la campagna contro gli affitti in nero, per chiedere informazioni sui rischi e/o le opportunità della nuova legge che avevamo noi stessi consultato via internet. L’associazione ci prospetta esclusivamente uno scenario idilliaco, senza alcun pericolo per noi (“siete protetti dallo Stato... è una campagna contro l’evasione fiscale che si basa su una legge e su un vostro diritto...pagheremo noi anche le spese legali in caso di causa civile”)... ma questa è un’altra storia. Il ragazzo “tramite” – all’estero in erasmus fino a ottobre 2011 - era titolare di un contratto di comodato d’uso gratuito (cioè: la proprietaria “regala” per 4 anni l’appartamento in centro a Bologna a un ragazzo semi-sconosciuto) palesemente finalizzato all’evasione fiscale: un canone mensile veniva pagato alla proprietaria fin dal 2008. Uno di noi ha conosciuto personalmente la proprietaria - o chi si qualificava come tale – che veniva direttamente in casa a prelevare l’affitto. In seguito effettuavamo bonifici bancari al ragazzo-tramite, il quale girava i soldi alla proprietaria. Stanchi di questa situazione di precarietà, abbiamo proposto al ragazzo-tramite di applicare la cedolare secca! Abbiamo deciso coraggiosamente di andare avanti nonostante lui stesse organizzando delle contromosse in accordo con la proprietaria per mandarci fuori di casa e continuare il nero. Il 7 novembre siamo andati all’Agenzia delle Entrate. Come per miracolo, in poche ore, diventiamo titolari di un contratto regolare, naturalmente dopo aver pagato una ragionevole quota di tasse arretrate. La nostra proprietaria di casa, venuta a conoscenza della situazione dal nostro “tramite”, ha sciolto il contratto di comodato e ci ha denunciato il giorno stesso per violazione di domicilio e appropriazione indebita di immobile. Nella denuncia depositata in caserma afferma di aver ricevuto una telefonata dal ragazzo-tramite che, tornato dall’erasmus, dichiarava di aver trovato nell’appartamento 5 persone a lui sconosciute che lo occupavano illegalmente. “La proprietaria è potente e non sapete in che guaio vi siete messi!!”- è stata una delle ultime frasi del ragazzo prima della fuga dall’appartamento! I carabinieri, due giorni dopo, sono venuti a controllare se ci fossero o meno segni di effrazione in casa: li abbiamo accolti un po’ increduli un po’ preoccupati spiegando al momento tutta la situazione. Non hanno trovato tracce di effrazione e sono andati via. La mattina seguente siamo stati chiamati in caserma. Il Luogotenente, lo stesso del giorno prima, si è mostrato molto comprensivo: la situazione era abbastanza chiara, eravamo tutt’altro che abusivi. Ci disse che la proprietaria, saputo che si trattava di giovani studenti, ci avrebbe voluto contattare al telefono per giungere a “un accordo”, chiaramente alle sue condizioni. Sconvolti per la denuncia insensata e per la richiesta della proprietaria che perdona degli abusivi in quanto ”sono ragazzi” decidiamo di continuare a far i valere i nostri diritti. La vicenda continua: le nostre famiglie, nelle rispettive città, ricevono una lettera dai toni non poco minacciosi dal legale della proprietaria: se non ce ne andiamo ci aspettano migliaia di euro da pagare e addirittura il carcere. A quel punto l’associazione che ci consigliò fino ad allora, dopo la fretta per ottenere una donazione (di circa 1300 euro), ci mette in contatto con un legale. La “signora non solo si è arricchita per anni con i soldi delle nostre famiglie e di tutte le famiglie di studenti che dal 2008 hanno transitato in questo appartamento, adesso dopo la risposta alle diffide, prosegue con l’atto per la comparizione in tribunale. Vuole i danni morali e non solo!! L’atto giudiziario è di per sé incredibile: la proprietaria avrebbe ceduto gratuitamente la casa al figlio di un amico del suo agente immobiliare (sic) stante la stagnazione del mercato in quel periodo, e non ci sarebbero stati pagamenti di canone.. Ci vengono chiesti “danni morali per la violenza con cui abbiamo spogliato la signora della sua proprietà e appropriazione di bottiglie di vino pregiate presenti nell’appartamento (????!!)” e vengono chiamati a testimoniare la violenza: il titolare di un agenzia immobiliare (?), il “tramite” e dulcis in fundo il Luogotenente dei carabinieri (???!!!?). Le tesi avanzate, si contraddicevano anche con ciò che la stessa proprietaria ha detto al processo! I lapsus della proprietaria, tra l’altro, erano continui:... “il canone di affitto...ehm...il comodato gratuito...” ; “io non ho mai ricevuto soldi...1600 euro erano per il condominio!.. il condomino non è stato mai pagato”...etc. I testimoni al momento non erano presenti, quindi non sappiamo se i suoi testimoni fossero realmente a conoscenza di essere stati citati. Alcuni nostri testimoni chiave, da noi stessi contattati, prima di essere citati, hanno reagito inspiegabilmente malissimo. Due ex inquilini, un dei quali aveva conosciuto di persona la proprietaria e un altro che le aveva consegnati direttamente i soldi per un lungo periodo, si sono rifiutata di darci una mano, nonostante un rapporto di amicizia e convivenza con uno di noi. Abbiamo chiesto esclusivamente di dire la verità e nient’altro che la verità e di risposta: una metaforica porta sbattuta in faccia.
Al processo che si è tenuto il giorno 16 febbraio, solo l’accusa è stata ascoltata e presa in considerazione. La proprietaria non ha fatto altro che parlare di un fantomatico incidente e della sua impossibilità di controllare prima chi abitasse la sua casa (una delle tante): “giudice guardi il dito!! Me lo sono rotto!! Giudice! Un pirata della strada mi ha travolto sulle strisce pedonali! Guardi ho la stampella!”. Se anche fosse vero, ci dispiace per la disavventura della signora, ma noi che colpa abbiamo? Premetto che la signora era perfettamente in forma...o perfettamente guarita. Ma se degli abusivi avevano sfondato la porta, perché i suoi parenti che hanno uno studio notarile sul nostro stesso pianerottolo non se ne sono mai accorti? Un giorno, tra l’altro, la sorella si è rivolta a uno di noi dicendo: “ tu sei una delle nuove inquiline, che bello! Tutti studenti vero?” (??!) Dopo questa farsa al limite dell’assurdo, Il giudice sorridendo con sufficienza dopo che abbiamo dichiarato che il canone veniva ritirato a mano dalla proprietaria stessa (mentre lo dicevamo la proprietaria ha detto al suo avvocato bisbigliano “era mia sorella...!”) ci ha chiesto cosa studiavamo...e basta!!
Il Giudice in questione, famoso per la sua lentezza nel prendere decisioni (persone attendono anni prima che si pronunci), il giorno dopo (venerdì 17) con una e-mail di un rigo comunica al nostro avvocato che dobbiamo lasciare immediatamente l’appartamento, dando la possibilità alla proprietaria di averne completa disponibilità in via di giudizio (quindi tra mesi, anni, mai??). Adesso dobbiamo lasciare l’appartamento? Sottostare a questa pronuncia ingiusta, fondata esclusivamente sulle dichiarazioni di una parte, senza prendere in considerazioni le prove a nostro vantaggio?Vorremmo andare avanti sperando che la verità trionfi, combattendo per i nostri diritti!!! La paura è che ancora e per l’ennesima volta solo i potenti verranno ascoltati... e questo ci tiene in un clima di tensione...Ci siamo appellati a un nostro diritto e chi di dovere non ha seguito le legge e ha basato l’intero processo sui dei racconti contraddittori di una parte senza considerarci! Una battaglia ad armi impari...
Grazie per averci dato voce, Giulia, Edoardo, Greta, Francesco, Emanuele.
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domenica 19 febbraio 2012

Il Balzello dei Balzelli, specie se doppio, anzi triplo o addirittura quadruplo.

Il Balzello dei Balzelli, specie se doppio, anzi triplo o addirittura quadruplo. Oppressi, pur non guardando “le purghe di Stato”. Si dice TV di Stato, quindi TV pubblica al servizio del cittadino, invece è un baraccone mangia soldi in mano ai partiti politici ed alla loro claque. Foriera di censura ed omertà non offre qualità, ma straguadagni a giornalisti e dirigenti politicizzati ed immeritata visibilità a personaggi senza arte ne parte. Come tutte le cose italiane l’abbonamento RAI è regolato ancora dalla normativa del tanto bistrattato periodo fascista. Alla sinistra in Tv questo non gli fa schifo.

Gli Abbonamenti Ordinari riguardano la detenzione nell’ambito familiare (abitazione privata) di uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radio televisive. (art. 1 e 2 R.D.L. 21-2-1938 n. 246 e modificazioni successive).

Gli Abbonamenti Speciali riguardano la detenzione di uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radio televisive fuori dall'ambito familiare nell'esercizio di un'attività commerciale e a scopo di lucro diretto o indiretto: per esempio Alberghi, Bar, Ristoranti, Uffici etc..

In effetti la normativa, che si rifà a un Regio decreto del 1938 prevede che ‘apparati atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive’ debbano pagare il canone che, per le aziende, è appunto speciale.

L'obbligo è stato istituito di fatto con l'articolo 1 del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, con la seguente disposizione: "Chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento, giusta le norme di cui al presente decreto. La presenza di un impianto aereo atto alla captazione o trasmissione di onde elettriche o di un dispositivo idoneo a sostituire l'impianto aereo, ovvero di linee interne per il funzionamento di apparecchi radiotelegrafici, fa presumere la detenzione o l'utenza di un apparecchio radio-ricevente"; il canone "speciale" di abbonamento alle radiodiffusioni è stato di fatto introdotto dall'articolo 2 del decreto legislativo luogotenenziale 21 dicembre 1944, n. 458, sostituendo il secondo comma dell'articolo 10 del regio decreto legge 23 ottobre 1925, n. 1917 con questa disposizione: "Qualora le radioaudizioni siano effettuate in esercizi pubblici o in locali aperti al pubblico o comunque al di fuori dell'ambito familiare, o gli apparecchi radioriceventi siano impiegati a scopo di lucro diretto o indiretto, l'utente dovrà stipulare uno speciale contratto di abbonamento con la società concessionaria". Tale norma introduce in modo più chiaro ed esteso il criterio di distinzione per l'applicazione del canone speciale e del canone ordinario. Corrisponde al vero che esiste l'obbligo di pagamento se si detiene in ufficio, studio o negozio un apparecchio televisivo (adatto alla ricezione delle trasmissioni). Tuttavia è importante evidenziare che il tutto non si applica nel caso di monitor non dotati di sintetizzatore di frequenza. Anche se in apparenza le pagine della Rai paiono dare la sensazione che si tratti di una disposizione riferita solo agli alberghi, bar, ed esercizi simili. Sottolineamo che l'obbligo c'è ANCHE PER UFFICI, NEGOZI, STUDI, indipendentemente dall'uso che ne viene fatto. Bisogna evidenziare che l'obbligo vale esclusivamente nel caso si tratti di un televisore dotato di sintonizzatore (o con un videoregistratore dotato di sintetizzatore), perché si tratta di apparecchi atti alla ricezione. Non esiste obbligo per i monitor "puri" che non sono in grado di decodificare il segnale trasmesso via etere, e per i lettori di cassette o CD (non videoregistratori) che si limitano a leggere il segnale del nastro. Del pari è giusto sottolineare il fatto che se non c'è apparecchio televisivo (ricordiamo che la RAI semplicemente "ci prova"), ovviamente non si deve pagare, e non si può essere obbligati a compiere alcuna azione in merito. Vale a dire non opererebbe il principio della presuntività; tuttavia potrebbe esserci una verifica di ispettori della Rai, che comunque per legge non possono procedere ad ispezioni personali, né reali né sulle persone, nè sui luoghi di lavoro in quanto la legge non prevede in capo ai medesimi un siffatto potere di agire che andrebbe, se posto in essere, denunciato immediatamente all'autorità giudiziaria perché integranti fattispecie di reati ben precisi. La Rai ha inviato un’ingiunzione di pagamento a 5 milioni di imprese chiedendo il pagamento del canone su qualsiasi apparecchio in grado di ricevere il segnale televisivo: personal computer, videofonini, videoregistratori, iPad e sistemi di videosorveglianza.

Finora, la giurisprudenza non sembra lasciare molte vie d’uscita. Nel 2007, con sentenza del 20 novembre, la Corte di Cassazione ha stabilito che «il canone di abbonamento radiotelevisivo non trova la sua ragione nell’esistenza di uno specifico rapporto contrattuale che leghi il contribuente, da un lato, e l’ente Rai, che gestisce il servizio pubblico radiotelevisivo, dall’altro, ma costituisce una prestazione tributaria, fondata sulla legge, non commisurata alla possibilità effettiva di usufruire del servizio de quo». Ancora più stringente la posizione della Corte costituzionale del 1988: «Se in un primo tempo sembrava prevalere la configurazione del canone come tassa, collegata alla fruizione del servizio, in seguito lo si è piuttosto riconosciuto come imposta, facendo leva sulla previsione legislativa dell’articolo. 15, secondo comma, della legge n. 103 del 1975, secondo cui il canone è dovuto anche per la detenzione di apparecchi atti alla ricezione di programmi via cavo o provenienti dall’estero (sentenza n. 535 del 1988)».

Per l’ADUC il computer è soggetto al pagamento del canone Rai? L’annosa questione è stata oggetto di suoi quesiti alla Rai, interpelli all’Agenzia delle Entrate e di interrogazioni parlamentari al ministero delle Comunicazioni (ora Sviluppo economico), ma mai è stata fornita una risposta in tal senso. La Rai ha infatti risposto di non sapere se il pc era soggetto al canone e che si avrebbe dovuto chiederlo all’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima, deputata alla riscossione di questa tassa, ha risposto di non saper rispondere e di aver girato il quesito al Ministero delle Comunicazioni. Ad oggi non risulta che il Ministero abbia preso decisioni in merito. Nonostante ciò, la Rai sta comunque sollecitando le aziende e i professionisti a pagare il canone anche per i “computer collegati in rete (digital signage e similari)”.

E poi pagare per cosa?

Nel caos della prima serata del "Festival di Sanremo 2012" qualcuno della Rai, tra l'incredibile blocco del sistema di voto e il sermone di Adriano Celentano si è dimenticato di far trasmettere pubblicità per 650 mila euro. Chi è questo qualcuno? Forse riuscirà a scoprirlo, dopo "accurate e prolungate indagini", il "commissario" Marano "inviato prontamente sul posto" per "riportare l'ordine" al "Teatro Ariston". Nell'attesa, comunque, una cortese richiesta: poiché la Rai continua a buttare via in mille modi i suoi soldi, smetta almeno di assillare gli "abbonati per forza", cento volte al giorno, con la sua richiesta di versare il rinnovo del canone. I boiardi di Stato stanno bene attenti a costringere gli utenti a mantenerli con balzelli odiosi nella non curanza dei pseudo rappresentanti dei cittadini sganasciati in Parlamento.

Non dimentichiamoci una cosa e per chi non lo sapesse la diciamo ora. Di non solo Rai è vittima “rapinata” il povero imprenditore che ha una tv o una radio. Già. Per questo c’è un altro balzello: la SIAE. Società italiana Autori ed Editori. Be’, sì un tributo a chi crea arte e la pubblica e la distribuisce bisogna riconoscerlo. Si ma non è finita. A questi si aggiunge un altro mungitore alla vacca collettiva. Ecco a voi UN RISCOSSORE MUSICALE ALLA PORTA.

Il dr. Antonio Giangrande, presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie ed autore del libro “L’Italia del trucco, l’Italia che siamo”, denuncia l’ennesima anomalia italiana. “Non tutti sanno – dice il presidente – che, in tema di intrattenimento musicale, le direttive dell’Unione Europea e la legge sul diritto d’autore (vedi gli articoli 72, 73 e 73 bis, Legge n. 633/1941) riconoscono e tutelano sia i diritti degli autori, che compongono i brani (gestiti dalla Società Italiana Autori ed Editori), sia i diritti dei discografici, che realizzano le registrazioni musicali (gestiti in maggior parte dalla Società Consortile Fonografici). Il consorzio SCF è oggi composto da case discografiche major e indipendenti ed attualmente tutela i diritti discografici di oltre 280 imprese, rappresentative di larga parte del repertorio discografico nazionale e internazionale pubblicato in Italia. Ciò significa, che per sentire un brano musicale registrato, in qualunque modo e forma, è necessario riconoscere anche un compenso al SCF, diritto autonomo rispetto a quanto dovuto alla SIAE.

Ciò, per entrambi, avviene comunemente nei seguenti contesti:

* trasmissioni radiofoniche e televisive;

* trasmissioni via satellite;

* attività che utilizzano musica a scopo di lucro (es. discoteche, sfilate di moda, corsi di fitness);

* attività per le quali la musica in diffusione di sottofondo costituisce un elemento di valore aggiunto al business (es. bar, ristoranti, alberghi, esercizi commerciali, studi od esercizi professionali, oratori parrocchiali, circoli privati, feste patronali, ecc).

Il compenso è dovuto anche nel caso in cui la diffusione dell’opera avvenga senza fine di lucro (in auto o in casa). Ai sensi della legge sul diritto d’autore, non pagare i diritti alla SIAE o alla SCF comporta l’applicazione della sanzione penale, oltre che amministrativa. Per la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 00626/2007 resa l'8 giugno 2007 dalla terza sezione penale, la diffusione di musica registrata senza aver versato i diritti connessi alle imprese discografiche per la riproduzione dei brani musicali, in questo caso rappresentate da SCF, Società Consortile Fonografici, viola la legge sul diritto d’autore e assume rilevanza penale. Solo che il Conna, ente rappresentativo degli interessi di molte emittenti radiotelevisive, disconosce tale sentenza rilevando che l'articolo 180 della legge 633 del 22 aprile del 1941 dice che l'attività di intermediario è riservata in via esclusiva alla Siae e al punto 3 aggiunge che essa curerà la "ripartizione dei proventi medesimi fra gli aventi diritto". Un brutto colpo per i cittadini italiani, che dell’intrattenimento musicale fanno il loro stile di vita, salvo far finta di niente, fino a quando non si presenta qualcuno alla porta, che ce lo ricordi.”

giovedì 16 febbraio 2012

A proposito di Sarah Scazzi.

Il dr Antonio Giangrande, scrittore, autore del libro sul delitto di Sarah Scazzi, e presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, senza intenti diffamatori si chiede e chiede agli avvocati in causa ed a tutta la stampa: come è possibile che a presiedere la Corte d'Assise di Taranto per il processo di Sarah Scazzi, in violazione al principio della terzietà ed imparzialità del giudice, sia il giudice Cesarina Trunfio, ex sostituto procuratore di Taranto, già sottoposta del Procuratore Capo di Taranto Franco Sebastio e collega dell’aggiunto Pietro Argentino e del sostituto Mariano Buccoliero. Ex colleghi oggi facenti parte dell’attuale collegio accusatore nel medesimo processo sul delitto di Sarah Scazzi dalla Trunfio presieduto? Qualsiasi decisione finale sarà presa, sarà sempre adombrata dal dubbio che essa sia stata influenzata dalla colleganza funzionale e territoriale.
Autorizzati alla pubblicazione. Il contatto è pubblico ed amicale. Se disturbo rispondi “Cancella”.
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sabato 4 febbraio 2012

IRRESPONSABILITA’ DEI MAGISTRATI.

Lettera per il Direttore e la redazione: solo per amor di verità.
IRRESPONSABILITA’ DEI MAGISTRATI.
Tanto fumo per niente. Il problema vero e taciuto non è chi paga per l’errore commesso dal magistrato (se solo lo Stato od anche il magistrato), ma se e quando la responsabilità è acclamata.
Per i poveri mortali il principio di responsabilità afferma che chi per dolo o colpa semplice arreca danno ingiusto ad altri: paga. Per i magistrati questo non vale. Sempre al di la ed al di fuori della legge. La normativa a cui tutti vogliono mettere mano, da sempre ed a parole, prevede che se il magistrato sbaglia, ma solo con colpa grave, quindi mai, non è lui a pagare, ma lo Stato, ossia noi cittadini.
Scherzi della politica e dell’informazione. Fanno apparire un cataclisma, quello che è una piccola toccatina. Dal 1987, con l’approvazione del referendum, si cerca di mettere argine all’abuso di potere della magistratura, ma niente: nonostante lodi e progetti di legge, non si muove foglia. Ogni tentativo va a sbattere sulla casta delle toghe e sui loro alleati politici e mediatici, che hanno il comune obiettivo di abbattere il nemico politico. Toccare i giudici è considerato un attentato alla Costituzione. Insomma nulla è cambiato confronto a prima, solo l’eventualità di chiamare in causa direttamente il magistrato che, con la statuizione vivente, mai sarà chiamato a rispondere per i suoi errori.
Basti ricordare che da gennaio 2001 a febbraio 2010 lo Stato ha sborsato 423 milioni di euro di risarcimenti per custodie cautelari e arresti preventivi illegittimi, oltre che per errori giudiziari.
Responsabilità dei magistrati: solo 4 condanne - «Dal 1988 ad oggi, su 400 cause avviate, ci sono state solo 4 condanne di giudici - ha spiegato Enrico Costa (Pdl) dopo il sì dell'Aula alla responsabilità civile dei magistrati oltre i casi di dolo e colpa grave - Di queste 400 - aggiunge Costa - 253 sono state dichiarate inammissibili, 49 attendono pronuncia di ammissibilità e 70 attendono l'impugnazione per la decisione di inammissibilità. 34 risultano ammissibili, ma di queste 16 sono pendenti e 14 respinte».
Qualcuno dice, va bè, ma lo Stato poi si rifà sul responsabile fino ad un terzo del suo stipendio.
Bene. Bisogna sapere che oggi per un magistrato la vita e la reputazione di una persona vale la stipula di una polizza assicurativa. E basta poco a tacitare le coscienze.
Nota: il premio viene stabilito in Euro 145,50= complessivi (polizza di Responsabilità Civile e polizza di Tutela Legale -non è possibile sottoscrivere le polizze separatamente) per le adesioni che avverranno nel periodo 15/04-15/10 di ogni anno, mentre è pari ad Euro 72,75= per le adesioni che avverranno nel periodo 16/10-14/04 di ogni anno. La Copertura assicurativa decorre dalla data del versamento.
I magistrati, specie di sinistra, si ribellano alla norma votata alla Camera: “attentato alla Costituzione!!!”
E c’è qualcuno di loro, noti rappresentanti della categoria che, intervistati, hanno il coraggio di dire: “è in contrasto con la normativa europea e la Costituzione Italiana” (Giuseppe Cascini, segretario ANM); ovvero “è difficile rispondere a chi non sa nemmeno di cosa si sta parlando” (Luca Palamara, presidente ANM).
A questi risponde il dr Antonio Giangrande, scrittore, autore della collana editoriale “L’Italia del Trucco, l’Italia che siamo”, e presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie: «La sentenza 13 giugno 2006 della grande sezione della Corte di Giustizia del Lussemburgo afferma che la Legge 117/88 viola i principi dell’Ordinamento Comunitario nella parte in cui la norma limita arbitrariamente l’ambito della responsabilità civile dei Magistrati. Il diritto comunitario osta ad una legislazione nazionale che limiti la sussistenza di tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave ""inescusabile"" del giudice, ove una tale limitazione conducesse ad escludere la sussistenza della responsabilità dello Stato membro interessato in altri casi (semplice colpa) in cui sia stata commessa una violazione manifesta del diritto.»
I Magistrati dovrebbero solo applicare la legge, e dai risultati che appaiono sotto gli occhi di tutti spesso non ci riescono, ma questi vorrebbero anche emanarla.
E questo sì che è un attentato alla Costituzione!!!
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Presidente Dr Antonio Giangrande – ASSOCIAZIONE CONTRO TUTTE LE MAFIE ONLUS
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